RIPARAZIONI
Riparare il dolore e i legami sociali: la sfida della giustizia riparativa.
Questo testo è una sorta di viaggio all’interno del tema della Riparazione intesa come imperativo morale regolativo dei rapporti nei micro e nei macrosistemi.
Ripariamo il mondo ne rappresenta l’incipit naturale, che posa lo sguardo dolente sull’ingiustizia che si compie tutte le volte che non riconosciamo le varie forme di ingiustizia o ce ne disinteressiamo come se fossero qualcosa che non ci appartiene. Invece, come esseri umani, prima ancora che come cittadini o operatori nei più diversi settori del vivere collettivo, ristabilire la giustizia, coltivarla deve riguardarci, in quanto essa costituisce un diritto inalienabile dentro ma soprattutto fuori dagli schemi processuali.
L’ambizione a voler educare tutti all’arte della riparazione si confronta con l’evoluzione del pensiero giuridico rispetto alla risposta dello Stato alla commissione di un reato, anche qui superando il principio della Giustizia coincidente con il risarcimento del danno attraverso la pena, nella direzione del diritto alla riparazione, così come del diritto all’essere riparati.
La declinazione sincrona di questi diritti prospetta la compresenza nella riparazione di due protagonisti, il danneggiatore e il danneggiato, l’autore del reato e la vittima di quel reato, legati drammaticamente ai tempi e ai luoghi dell’evento/danno, cementati nei rispettivi ruoli e nelle specifiche posizioni, infanti rispetto alla possibilità di dare voce al senso personale e relazionale di quell’evento.
La narrazione che essi possono farne, all’interno di un programma di Giustizia Riparativa, è lo strumento che consente di svelarne il significato per le proprie storie, di porre rimedio, metaforicamente, al danno e di sentirsi risanati dal riconoscimento dell’altro. Le parole si rivelano balsamiche, utili a curare l’intollerabilità del dolore inferto o subito, a permettere una tregua dalle brutture e dai derivanti sentimenti di odio, rancore, vendetta.
Sentirsi ristorati è l’esito finale di questa esperienza che riorienta alla bellezza possibile, al di là della plumbea coloritura del passato.
Il diritto alla bellezza viene riconosciuto nel testo quale diritto inalienabile, accanto al diritto alla tregua e, in quanto tale, da coltivare a partire dall’infanzia. E i bambini, come viene riferito nel testo a proposito di un’iniziativa di educazione alla riparazione, scoprono con stupore che si può riparare attraverso la bellezza.
Il senso di tutta la ricerca ruota attorno al significato del termine riparazione, dalla potenza performativa incredibile, capace di orientare prassi, fondare modelli, costruire teorie. Termine che rinvia alla cura, al tenere a cuore qualcosa o qualcuno; nel caso specifico della giustizia riparativa, gli attori coinvolti nella drammaturgia del reato. Quindi la zona che si esplora è caratterizzata da una profonda tensione etica, perché riconosce il valore di una giustizia che ripara, che risana, che ristora, che rigenera, che ripristina equilibri relazionali e comunitari attuali e futuri.
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